La nostra storia inizia nel 1988 quando per casualità entriamo in possesso di un pastore della lessinia e del lagorai, Spiller. Ci aveva entusiasmato particolarmente per il suo carattere e per le doti, ma non avevamo idea di che tipo di cane fosse. Dopo la sua morte non ci siamo più interessati a questi cani fino al 2012. In quel periodo ci stavamo appassionando all’allevamento di ovini e girando per le greggi in transumanza abbiamo notato cani simili a Spiller.

Abbiamo così iniziato ad informarci ed appassionarci a tal punto da prendere la prima femmina, dopo qualche anno un maschio e così via. Il continuo contatto con i pastori ci ha permesso di conoscere a fondo la razza partendo dalle sue radici e permettendoci di trovare altri soggetti. Ora il nostro piccolo allevamento è comporto da un maschio e tre femmine.

Rustico, instancabile, pronto e perspicace il Cane da Pastore della Lessinia e del Lagorai è il frutto della lunga, continua e severa selezione che la dura vita pastorale impone dalla notte dei tempi agli animali e all’uomo.

È un cane specificatamente paratore, incline cioè per natura alla conduzione di greggi ovini e caprini, ma all’occorrenza e non di rado impiegato anche con vacche e cavalli, compito al quale si dedica con dedizione e costanza e al quale abbina uno smisurato amore per il lavoro con l’uomo. Di taglia media, ha aspetto tipicamente lupoide. Leggermente più lungo che alto, è asciutto nella costituzione, pur avendo muscolatura forte risulta elegante e agile nei movimenti. Singolari sono le sue orecchie triangolari, erette o semierette, tenute, specie a riposo, simpaticamente aperte. L’atteggiamento generale denota di continuo intelligenza, decisione e all’occorrenza temerarietà, ma sempre con equilibrio. L’alto temperamento ne fa un animale veloce e resistente, un camminatore e un saltatore infaticabile. Il mantello, costituito da un pelo semi lungo e a tratti caprino, atto a proteggerlo dalle avversità climatiche durante il lavoro all’aperto, è generalmente di colore nero o marrone cioccolato, oppure con bizzarre macchie irregolari di colore nero, grigio o fegato su fondo bianco o grigio, particolare e curiosa mutazione del pigmento, questa che prende il nome di merle.

Nel Triveneto, nella Lombardia orientale e nell’Emilia, da sempre la sua figura accompagna l’antica pratica della transumanza, la migrazione stagionale delle mandrie e delle greggi dalla pianura alla montagna e viceversa, o anche solo lo stazionamento in malghe e aziende agricole. Pur avendo caratteristiche somatiche e funzionali fissate e omogenee che ne fanno una razza vera e propria con significato zootecnico, questa etnia canina non gode ancora totalmente dello status di razza riconosciuta, inteso come esistenza di un libro genealogico dedicato alla registrazione delle discendenze e tenuto dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI), che tuttavia ha preso recentemente in esame la questione su incoraggiamento di un ampio movimento popolare.
Le sue origini sono talmente remote da poter individuare tra i suoi antenati antichi cani da conduzione presenti nell’arco alpino fin dal Neolitico le cui tracce sono giunte fino a noi grazie alle incisioni rupestri. Cani che con buona probabilità hanno accompagnato le popolazioni nomadi provenienti dalla Paflagonia nell’attraversamento delle Alpi Orientali verso la pianura Padana.

Gli stessi Paleoveneti erano apprezzati allevatori di bestiame e ritrassero i loro cani ausiliari su manufatti bronzei fin dal VII sec. a.C. Si nota inoltre come spesso le zone di maggiore presenza della razza si sovrappongano a quelle di resistenza di antichi costumi come la lingua cimbra o di altri tipi genetici autoctoni come la pecora di Lamon, la Foza, la pecora di Brogna, l’Alpagota, la capra Mochena, la mucca Burlina, la Redena o la Grigia della Val d’Adige.
Per tutto il medioevo Verona, Trento, Padova, Vicenza, Rovigo, Belluno furono aree di fiorente allevamento della pecora e mercati di lane pregiate e ricercate da tutte le nazioni europee. Greggi sempre più numerosi, necessari a soddisfare le richieste dell’industria laniera, erano regolati da apposite norme nei loro spostamenti e comportamenti; il necessario rispetto delle colture agricole lungo le direttrici di transumanza rendevano l’uso del cane da conduzione indispensabile e diffuso.

L’espansione poi dell’allevamento della pecora Merinos in epoche più recenti, a partire dalla Spagna fino poi a tutto il resto del continente, arricchì i cani indigeni locali con sangue di ceppi di cani conduttori provenienti dall’Europa centrale e occidentale, modellando il Pastore della Lessinia e del Lagorai nell’aspetto e nelle funzioni che gli distinguiamo oggi.